Colonscopia o esame equivalente per diagnosticare il Parkinson
Trovati accumuli di alfa-sinucleina nelle cellule nervose intestinali
Nove nanosecondi per forare la membrana del neurone
Simulazione dell'azione lesiva della alfa-sinucleina al computer
Ricercatori della Università di San Diego (California, USA) hanno inserito dati sperimentali ottenuti in colture cellulari sul comportamento della proteina alfa-sinucleina prodotta da un gene naturale normale e della stessa proteina prodotta da un gene difettoso con una mutazione (A53T). Alfa-sinucleina è la proteina che si accumula nelle cellule nervose ammalate di Parkinson.
Nella simulazione hanno osservato che alfa-sinucleina, che è una proteina a forma di elica, può cambiare forma, diventando una specie di spirale che tende ad aggregarsi ad altre proteine simili, formando grossi aggregati ad anello che forano la membrana della cellule nervosa. Nel caso della alfa-sinucleina mutante il processo è molto rapido ed il foro può aprirsi in soli 9 nanosecondi (miliardesimi di secondo).
Gli scienziati di San Diego ritengono di avere ora compreso aspetti chiave dell'azione tossica della alfa-sinucleina sui neuroni e di avere a disposizione informazioni importanti per la messa a punto di farmaci che possano fermare il processo e quindi fermare la progressione della malattia.
Fonte: Tsigelny IF e coll FEBS Journal 2012; 279: 1000-1013
Cerotto per fermare la progressione del Parkinson
Contiene peptide che riproduce la funzione del gene DJ-1
Ricercatori dell'Università di Tel Aviv (Israele) sono riusciti a mettere a punto un peptide (un pezzo di proteina) che riproduce la funzione del gene DJ-1 (PARK7) e ad attaccarla ad un altro peptide che la trasporta all'interno delle cellule.
PARK7 è responsabile per circa 1% dei casi di parkinson familiare ad esordio giovanile. Le sue funzioni non sono state completamente chiarite. L'ipotesi più accreditata è che il suo ruolo consista nel segnalare all'organismo situazioni di stress ossidativo, contribuendo a regolare la funzione dei mitocondri, piccoli organelli nelle cellule coinvolti nelle reazioni ossidative. Mutazione di DJ-1 rendono l'organismo in generale e le cellule nervose in particolare più vulnerabili alle reazioni ossidative.
I ricercatori israeliani hanno somministrato il peptide a topi con lesioni sperimentali che riproducevano i deficit parkinsoniani ed hanno osservato non solo un netto miglioramento della sintomatologia, ma anche un aumento dei livelli cerebrali del neurotrasmettitore che manca nel Parkinson, la dopamina, con maggiore conservazione delle cellule nervose cerebrali che la producono.
Secondo i ricercatori, il peptide, che può essere somministrato tramite un cerotto oppure con iniezioni quotidiane, potrebbe essere usato a scopo preventivo.
Secondo il Dr S Goldwurm, medico genetista e Direttore della Biobanca presso il centro parkinson ICP a Milano l’approccio è promettente, ma bisogna condurre molte sperimentazioni cliniche prima di poterlo usare in clinica.
Fonte: American Friends Tel Aviv University
Prevenire la morte dei neuroni nelle malattie neurodegenerative forse si può
Scoperta la chiave per bloccare un meccanismo comune
Ricercatori presso l'Università di Leicester (UK) hanno scoperto che in presenza di accumuli di proteine malripiegate la cellula nervosa si difende fermando la sintesi di proteine nuove in modo che non se ne accumulino altre. Il problema è che gli accumuli rimangono e così la sintesi proteica non riparte e la cellula nervosa muore quando si usurano proteine essenziali per il suo funzionamento.
Quando i ricercatori hanno iniettato una proteina che blocca l'interruttore che spegne la sintesi proteica, le cellule nervose sono sopravvissute e sono rimasti integri i circuiti nervosi.
L'esperimento è stato effettuato in topi infettati con il prione, l'agente infettivo della malattia di Jacob Creutzfeld (malattia della mucca pazza), ma il meccanismo di accensione / spegnimento della sintesi proteica non era collegato all'infezione e dovrebbe essere funzionare in tutte le malattie neurodegenerative in cui si accumulano proteine malripiegate. Pertanto, dovrebbe funzionare anche nella malattia di Parkinson, in cui si accumula la proteina alfa-sinucleina malripiegata, formando i “corpi di Lewy”.
Fonte: Moreno JA e coll Nature online 6 maggio 2012
Diabete e gravità della malattia di Parkinson
Impatto di una diagnosi di diabete antecedente
Perchè i parkinsoniani peggiorano in ospedale?
Secondo una indagine olandese, a causa di infezioni ed errori nella somministrazione dei farmaci antiparkinson
Perchè i pazienti aumentano di peso dopo DBS?
Potrebbe essere il risultato di uno squilibrio ormonale
Angioplastica venosa per le malattie neurodegenerative
Alcune prove per la sclerosi multipla, un'ipotesi per la malattia di Parkinson?
ProSavin per il Parkinson
Nuova triplice terapia genica
ProSavin è una nuova terapia genica che consiste in un trasportatore virale reso innocuo e nei geni di tre enzimi richiesti per la produzione del neurotrasmettitore che scarseggia nella malattia di Parkinson ovvero la dopamina. Viene somministrata per infusione attraverso un catetere inserito in una parte del cervello, detta striato, tramite chirurgia stereotassica, nella speranza che questo induca un aumento della produzione del neurotrasmettitore.
Attualmente è in corso uno studio preliminare per valutare la sicurezza e l'efficacia di diverse dosi di ProSavin presso l'ospedale Henri Mondor a Parigi (Francia) e l'Ospedale Addenbrookes a Cambridge in Gran Bretagna.
Sono comparse sul web interviste a pazienti trattati con ProSavin, che affermano di essere nettamente migliorati, ed ai ricercatori, che confermano che le prime impressioni sono positive. Tuttavia, non sono stati pubblicati dati clinici per una valutazione scientifica. Finora, è stato pubblicato solo un lavoro scientifico sul trasportatore virale, che mostra che la procedura di fabbricazione permette di ottenere un trasportatore affidabile.
Fonti:
Sito del produttore
Affermazioni dei ricercatori
intervista a paziente
Stewart e coll Hum Gene Ther 2011; 22:357-69
Dipraglurant per le discinesie indotte da levodopa
Risultati preliminari nei pazienti positivi
Dipraglurant è una piccola molecola modulatrice che inibisce i recettori del glutammato metabotropici (mGluR5) nei circuiti nervosi del glutammato, che vengono alterati assieme a quelli dopaminergici nella malattia di Parkinson.
Nell'ambito di uno studio di confronto con il placebo (una sostanza inerte) in condizioni di doppia cecità (nè il medico nè i pazienti sapevano chi era stato assegnato a che cosa) il farmaco è stato somministrato alla dose di di 50 mg per 2 settimane, da aumentare a 100 mg per altre 2 settimane, a 76 pazienti parkinsoniani (52 trattati con il farmaco, 24 trattati con il placebo) con discinesie (movimenti involontari indotti da levodopa). Dipraglurant è stato ben tollerato; i suoi effetti collaterali tipici, (vertigini, disturbi visivi, sentirsi ubriachi) sono stati riferiti da meno del 10% dei pazienti e non hanno causato la sospensione del farmaco.
Dipraglurant ha permesso di ottenere una riduzione significativa delle discinesie, distonia inclusa, al giorno 14; la riduzione era presente anche al giorno 28, ma la differenza rispetto al placebo non era significativa. Inoltre, ha anche ridotto il tempo in OFF (in cui levodopa non funziona) mediamente di 50 minuti al giorno.
La ditta produttice ritiene che i risultati sono promettenti e che vale la pena di continuare a sviluppare il prodotto
Fonte: Conferenza stampa di Addex Therapeutics a Ginevra, 24 marzo 2012
Frutti di bosco, mele, arance, vino rosso e tè contro il Parkinson
Studio epidemiologico dimostra che riducono il rischio di sviluppare la malattia
Ricercatori americani hanno esaminato l'alimentazione di quasi 130.000 operatori sanitari, di cui 805 hanno sviluppato la malattia di Parkinson nel corso di un follow-up per 20 anni. Hanno stabilito che gli operatori sanitari di sesso maschile che consumavano alimenti ricchi di flavonoidi (tè, frutti di bosco, mele, vino rosso e arance) presentavano un rischio di sviluppare la malattia inferiore del 40%.
Fonte: Gao X e coll Neurology online 4 aprile 2012
Alfa-sinucleina e proteina tau importanti per il Parkinson anche in Italia
I risultati di uno studio genetico in 1795 soggetti
Ora l’analisi del patrimonio genetico di 904 pazienti parkinsoniani e 891 soggetti non parkinsoniani ha confermato che varianti genetiche nelle porzioni regolatrici degli stessi due geni sono importanti anche nella popolazione dei pazienti parkinsoniani italiani. Lo studio ha anche evidenziato il ben noto ruolo protettivo del caffè e del fumo, ma non una interazione tra i due geni oppure tra questi geni e fattori ambientali.
Lo studio è stato effettuato con campioni di DNA provenienti dalla Biobanca presso il centro Parkinson ICP a Milano sponsorizzato dalla Fondazione Grigioni.
Fonte: Trotta e coll Parkinsonism Relat Disord 2012;18: 257-62.
Bisogna pagare un ticket in farmacia per Madopar quando il generico non è disponibile?
Alcuni chiarimenti sul pagamento per farmaci originali e generici
DBS a corrente continua efficace nel Parkinson
Dimostrato anche che l'impianto degli elettrodi di per sè è efficace
Esame del sangue per la diagnosi di malattia di Parkinson
esame basato su 10 particolari autoanticorpi
Ricercatori americani hanno identificato una serie di 10 auto-anticorpi (anticorpi contro parti del proprio corpo) che possono essere usati con lo scopo di diagnosticare la malattia di Parkinson. Hanno testato la capacità degli anticorpi di distinguere 29 pazienti parkinsoniani con malattia di varia gravità da 50 pazienti affetti da malattia di Alzheimer, 10 affetti da sclerosi multipla, 30 da carcinoma della mammella e 40 controlli sani. Gli anticorpi hanno presentato una sensibilità (capacità di individuare la malattia quando è presente ) pari al 93-100%, tranne nella distinzione rispetto alla malattia di Alzheimer (79%). La specificità del risultato (correttezza di un risultato positivo) è stata pari al 90-100%. I ricercatori pensano che i particolari auto-anticorpi sfruttati a scopo diagnostico si formino in seguito al rilascio di particolari sostanze da parte dei neuroni dopaminergici morenti.
Fonte: Han M e coll PLoSOne 2012: 7: e32383
Farmaci anticolesterolo e rischio di malattia di Parkinson
È possibile che le statine siano protettive
In seguito a segnalazioni di una possibile protezione contro il Parkinson con i farmaci anticolesterolo, epidemiologi americani hanno esaminato i dati relativi al consumo di statine (il principale gruppo di farmaci per abbassare il colesterolo) in 129.000 operatori sanitari seguiti nel tempo per 12 anni. Durante quel periodo si sono verificati 644 casi di diagnosi di malattia di Parkinson. Il rischio di sviluppare la malattia era inferiore del 26% nei consumatori di statine (almeno 2 assunzioni alla settimana) rispetto agli altri soggetti. Suddividendo i soggetti per età, è emerso che il rischio era ridotto prevalentemente nei soggetti aventi meno di 60 anni quando è iniziato lo studio (rischio ridotto del 69% rispetto al 17% nei soggetti più anziani).
Fonte: Gao X e coll Arch Neurol 2012; 69: 380-384
Pinzette molecolari per bloccare l'alfa-sinucleina
Trovate molecole in grado di impedirne l'aggregazione e la tossicità
Parkinson e manganese
Scoperta una mutazione che li lega
Esecizi cinesi Tai Chi per la malattia di Parkinson
Migliorano l'equilibrio e riducono il rischio di caduta
34° Convegno AIP, Cervia 28.01.12 - sessione sulla riabilitazione
