Nei meandri dello smaltimento delle proteine nelle cellule nervose, una scoperta dedicata a Susanna Agnelli
Intervista al Prof. Andrea Ballabio, Direttore del TIGEM, Istituto Telethon di Genetica e Medicina a Napoli e Professore di Genetica Medica presso l'Università "Federico II" di Napoli.
Commenti del Prof Pezzoli, presidente AIP e Fondazione Grigioni
JH: Prof Ballabio, tutti parlano della Vostra brillante scoperta di un sistema naturale di regolazione dello smaltimento dei rifiuti nella cellula. Come vi è venuta l'idea che potesse esistere?
AB: È noto che la cellula possiede una serie di sistemi di regolazione per tutte le sue funzioni principali. Era ragionevole pensare che esistesse anche un sistema di regolazione dello smaltimento dei rifiuti. Questa funzione avviene in piccoli organelli della cellula, detti lisosomi, che possono essere paragonati ai moderni inceneritori per i rifiuti. Essi sono dotati di molti enzimi ovvero proteine demolitrici di tantissimi tipi che insieme riescono a spezzettare i rifiuti tossici, trasformandoli in sostanze innocue. Ci sono situazioni in cui la cellula ha bisogno di potenziare il sistema come, per esempio nel caso di intossicazioni o di infezioni, specie quelle da parassiti ed era logico che avesse la possibilità di potenziare gli inceneritori. Semplicemente, finora nessuno aveva pensato di cercare questo sistema di regolazione.
JH: La pubblicazione sulla famosa rivista Science è un primo traguardo. Che percorso avete seguito per arrivare sino a lì?
AB: Abbiamo sfruttato le banche dati del DNA a livello mondiale, che sono una grande risorsa di inestimabile valore. Si conoscevano già i geni che codificano molte proteine che fanno parte della struttura dei lisosomi inceneritori, nonché dei trasportatori che vanno a prendere i rifiuti e li trascinano fino agli inceneritori. Abbiamo potuto raccogliere tanti dati sul funzionamento di questi geni e li abbiamo elaborati con sofisticati programmi al computer. Tutti i risultati confermavano la nostra ipotesi che ci doveva essere un sistema di regolazione. A questo punto abbiamo formulato ipotesi su dove potesse essere l'interruttore principale ed alla fine abbiamo trovato il gene TFEB.
JH: Quali prove avete in mano per dire con sicurezza che è proprio questo gene che regola la funzione dei lisosomi inceneritori?
AB: Abbiamo effettuato studi su cellule in provetta. Abbiamo ripetutamente visto che aumentando la funzione del gene TFEB le cellule diventano capaci di degradare di più i rifiuti, come i mucopolisaccaridi. Inoltre, l'inibizione del gene fa sì che i rifiuti si accumulino. In particolare abbiamo provato a stimolare il gene TFEB in cellule nervose contenenti la proteina tossica che fa ammalare di una malattia neurodegenerativa, detta corea di Huntington, ed abbiamo visto che dopo la stimolazione le cellule diventavano capaci di smaltire la proteina.
JH: Se ho capito bene, la stimolazione del gene TFEB potrebbe rappresentare una cura per le malattie dovute ad accumulo di rifiuti.
AB. Proprio così. Conosciamo tante malattie metaboliche da accumulo di rifiuti che potrebbero essere curate tramite la stimolazione del gene TFEB, tra cui anche malattie neurodegenerative, Come la malattia di Alzheimer, in cui si accumula amiloide e la malattia di Parkinson, in cui si accumula la proteina sinucleina. Vorrei sottolineare che, qualora riuscissimo a mettere a punto una terapia, sarebbe la prima terapia curativa che risolve veramente il problema, non solo una terapia che controlla i sintomi come quelle attualmente disponibili.
JH: Che cosa fa esattamente questo gene? Aumenta il numero dei lisosomi inceneritori o li rende più potenti?
AB: Tutte e due le cose. Il gene TFEB coordina la funzione di tanti altri geni, per cui è in grado sia di far costruire più lisosomi inceneritori che di potenziarli.
JH: Avete parlato di prove nelle cellule in provetta. E nei modelli animali di malattie?
AB: Non ne ho parlato perché non abbiamo ancora effettuato studi in modelli animali. È chiaro che questa è la prossima tappa. Purtroppo gli studi nell'animale costano molto di più di quelli in cellule in provetta ed i fondi scarseggiano.
JH: In quali modelli farete i prossimi esperimenti?
AB: Abbiamo in programma esperimenti in modelli di corea di Huntington, Alzheimer, malattie da accumulo lisosomiale, ecc. Se possiamo, anche in un modello di malattia di Parkinson. Le malattie dovute ad accumulo di rifiuti tossici sono tante. Purtroppo, dovremo fare delle scelte in funzione dei fondi disponibili. Abbiamo fatto una campagna per la raccolta di fondi e tutti possono contribuire, se ritengono che filone di ricerca sia meritevole. Quando vediamo di quanti fondi disponiamo faremo delle scelte definitive.
JH: E per quanto riguarda l'uomo?
AB: Chiaramente l'uomo è l'obiettivo finale. Tuttavia, prima sono indispensabili gli studi nell'animale per verificare sia l'efficacia che la sicurezza della terapia.
JH: Quindi ci vorrà ancora parecchio tempo. Io mi permetterò di rifarmi viva quando sono disponibili i primi risultati nell'animale.
AB: Certamente, parlerò con Lei ancora volentieri.
JH: Prima di salutarci, mi tolga una curiosità. So che Lei è laureato in medicina. Come mai ha deciso di dedicarsi alla ricerca genetica invece di esercitare la professione?
AB: Amo i bambini e per questo mi sono iscritto alla scuola di specializzazione in pediatria. Mi sono presto reso conto di quante malattie ereditarie ci sono e di quanto fossero limitate le nostre conoscenze genetiche. Poi ho chiesto ed ottenuto di fare una esperienza diversa all'estero a Londra presso Guy's hospital e successivamente mi sono trasferito negli Stati Uniti (Baylor College, Texas) dove si fanno molte ricerche in campo genetico. Mi sono appassionato, ho deciso che quella era la mia strada. Dopo sei anni negli Stati Uniti (nel frattempo ero diventato Co-Director dello Human Genome Center) sono stato richiamato in patria da Telethon per volontà del presidente Susanna Agnelli, per fondare a Milano un nuovo istituto, il TIGEM. Successivamente, abbiamo trasferito il TIGEM a Napoli per sfruttare la cooperazione locale con il CNR e l'Università. E' così che si è formato l'attuale gruppo di ricerca che io dirigo. Devo molto alla nostra ex-presidente ed ho voluto dedicare questa scoperta a Lei. Per concludere, vorrei anche ricordare la fattiva collaborazione del primo autore del lavoro su Science, il borsista di Taranto Dr. Marco Sardiello.
Commenti del Prof G Pezzoli, Presidente AIP e Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson
JH: Prof Pezzoli, che cosa pensa della scoperta del gruppo di ricerca del Prof Ballabio?
GP: Penso che è una straordinaria scoperta scientifica, che fa onore alla ricerca italiana in generale ed a Telethon in particolare. Si tratta di una scoperta importante per i malati di malattie neurodegenerative, perché apre una nuova strada che potrebbe condurre ad una terapia curativa, che risolve la malattia alla radice.
JH: Quante probabilità ci sono che questa terapia diventi realtà?
GP: Quando non si dispone ancora di dati clinici ovvero non ci sono ancora studi nell'uomo bisogna essere cauti. Purtroppo molte terapie che sembravano efficaci in modelli animali poi non hanno funzionato nei pazienti. In questo caso bisogna essere ancora più cauti, perchè non ci sono neanche dati nell'animale, i dati riguardano solo cellule in provetta.
JH: Ho capito, non si pronuncia.
GP: Io aspetto almeno i dati in modelli animali prima di esprimere un parere.
JH: Ammesso e concesso che i ricercatori TIGEM riescano a mettere a punto una terapia per le malattie da accumulo in generale, quante probabilità ci sono che funzioni nel Parkinson?
GP: Anche qui non mi sento di esprimere un parere. Sappiamo che nel Parkinson si accumula la proteina alfa-sinucleina malripiegata, ma non è chiaro se l'accumulo è la causa o la conseguenza della malattia.
JH: Ho capito, la scoperta è importante, ma bisogna aspettare per capire quali ricadute pratiche potrà avere. Grazie, professore, per la Sua franchezza.