PREMESSE
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Nome |
Sorgente |
Scopo |
Scadenza |
Tipo |
PHPSESSID |
parkinson.it |
Preserva gli stati dell'utente nelle diverse pagine del sito. |
Sessione |
HTTP |
cookieconsent |
parkinson.it |
Memorizza lo stato del consenso ai cookie dell'utente per il dominio corrente |
1 anno |
HTTP |
cookieconsent_p |
parkinson.it |
Consenso ai cookie di preferenze |
1 anno |
HTTP |
cookieconsent_s |
parkinson.it |
Consenso ai cookie di statistiche |
1 anno |
HTTP |
cookieconsent_m |
parkinson.it |
Consenso ai cookie di profilazione |
1 anno |
HTTP |
nrid |
parkinson.it |
Codice univoco del visitatore per visualizzare i banner di annunci |
3 mesi |
HTTP |
engagebox_ID |
parkinson.it |
Usato per decidere se il banner ID è stato chiuso e deve rimanere chiuso |
3 mesi |
HTTP |
SSID, SID, SAPISID, NID, HSID, APISID |
Cookie utilizzati da Google Maps che sono necessari per il funzionamento delle mappe dinamiche. Il contenuto e la loro creazione non sono direttamente controllabili poiché generati automaticamente all'inclusione della mappa dinamica. |
Sessione |
HTTP |
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fbsr_ |
Utilizzato da Facebook per recuperare l'identificativo dell'applicazione utilizzata |
Sessione |
HTTP |
COOKIE DI PREFERENZE
Sono cookie utilizzati per modificare l'aspetto del sito o il comportamento: sono impostazioni non strettamente necessarie al corretto utilizzo.
Nome |
Sorgente |
Scopo |
Scadenza |
Tipo |
lang |
Determina la lingua scelta del sito |
Sessione |
HTTP |
|
NID |
Contiene un ID univoco che Google utilizza per ricordare le tue preferenze e altre informazioni, come la tua lingua preferita (es. italiano), quanti risultati di ricerca desideri visualizzare per pagina (es. 10 o 20) e se desideri che il filtro SafeSearch di Google sia attivato. |
6 mesi |
HTTP |
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1P_JAR |
Memorizza le preferenze di Google Maps e le informazioni dell’utente ogni volta che visita pagine web contenenti servizi di Google |
1 mese |
HTTP |
COOKIE STATISTICI
Questi cookie aiutano a capire come i visitatori interagiscono sul sito web, aggregando i dati di navigazione in forma anonima.
Nome |
Sorgente |
Scopo |
Scadenza |
Tipo |
ln_or |
Registra dati statistici sul comportamento dei utenti sul sito web. Questi vengono utilizzati per l'analisi interna dall'operatore del sito. |
1 giorno |
HTTP |
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PageViewCount |
Questo cookie viene utilizzato per identificare la frequenza delle visite e il tempo di permanenza sul sito. Il cookie viene anche utilizzato per determinare quante e quali sottopagine vengono visualizzate dal visitatore del sito; queste informazioni possono essere utilizzate dal sito per ottimizzare il dominio e le relative sottopagine. |
1 giorno |
HTTP |
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TimeOnSite |
Memorizza i dati sul tempo trascorso sul sito web e le relative sottopagine durante la sessione corrente. |
1 giorno |
HTTP |
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collect |
Utilizzato per inviare dati a Google Analytics in merito al dispositivo e al comportamento dell'utente. Tiene traccia dell'utente su dispositivi e canali di marketing. |
Session |
Pixel |
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AnalyticsSyncHistory |
Utilizzato nel contesto della sincronizzazione dei dati con il servizio di analisi di terze parti. |
29 giorni |
HTTP |
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_ga |
Registra un ID univoco utilizzato per generare dati statistici su come il visitatore utilizza il sito internet. |
2 anni |
HTTP |
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_gat |
Utilizzato da Google Analytics per limitare la frequenza delle richieste |
1 giorno |
HTTP |
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_gid |
Registra un ID univoco utilizzato per generare dati statistici su come il visitatore utilizza il sito internet. |
1 giorno |
HTTP |
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_ga_# |
Utilizzato da Google Analytics per raccogliere dati sul numero di volte che un utente ha visitato il sito internet, oltre che le dati per la prima visita e la visita più recente. |
2 anni |
HTTP |
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OTZ |
Viene utilizzato da Google Analytics per tenere traccia delle informazioni sul traffico al sito Web |
Sessione |
HTTP |
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ANID, SIDCC, _Secure-APISID, _Secure-HSID, _Secure-SSID, SEARCH_SAMESITE, __Secure-3PAPISID, __Secure-3PSID |
Cookie utilizzati per raccogliere informazioni sull’utilizzo del sito da parte dei visitatori ogni volta che vengono visitate pagine web contenenti servizi di Google. |
2 anni |
HTTP |
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_cksk |
Utilizzato da Microsoft Clarity per combinare le pagine viste da un utente in una singola sessione |
1 giorno |
HTTP |
COOKIE DI PROFILAZIONE
I cookie di profilazione vengono utilizzati per tracciare i visitatori sui siti web. La finalità è quella di presentare annunci che siano rilevanti e coinvolgenti per il singolo utente. Di norma utilizziamo servizi di terze parti forniti da Google, Meta (Facebook), Microsoft e LinkedIn per i quali si rimanda alla rispettiva informativa.
Nome |
Sorgente |
Scopo |
Scadenza |
Tipo |
_uetsid |
Utilizzato per tracciare i visitatori su più siti web, al fine di presentare annunci pubblicitari pertinenti in base alle preferenze del visitatore. Utilizzato dal motore di ricerca bing.com |
Persistente |
HTML |
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_uetsid_exp |
Contiene la data di scadenza del cookie con il nome corrispondente. |
Persistente |
HTML |
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_uetvid |
Utilizzato per tracciare i visitatori su più siti web, al fine di presentare annunci pubblicitari pertinenti in base alle preferenze del visitatore. |
Persistente |
HTML |
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_uetvid_exp |
Contiene la data di scadenza del cookie con il nome corrispondente. |
Persistente |
HTML |
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MUID/CLID |
Utilizzato ampiamente da Microsoft come ID utente univoco. Il cookie consente il tracciamento dell'utente tramite la sincronizzazione dell'ID sui vari domini di Microsoft. |
1 anno |
HTTP |
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_clck |
Memorizza un unico ID utente per Microsoft Clarity |
1 anno |
HTTP |
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__exponea_last_session_ping_timestamp__ |
Questo cookie viene utilizzato per determinare quali prodotti il visitatore ha visualizzato. Queste informazioni vengono utilizzate per promuovere prodotti correlati e ottimizzare l'efficienza pubblicitaria. |
Persistente |
HTML |
|
__exponea_last_session_start_timestamp__ |
Questo cookie viene utilizzato per determinare quali prodotti il visitatore ha visualizzato. Queste informazioni vengono utilizzate per promuovere prodotti correlati e ottimizzare l'efficienza pubblicitaria. |
Persistente |
HTML |
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IDE |
Utilizzato da Google DoubleClick per registrare e produrre resoconti sulle azioni dell'utente sul sito dopo aver visualizzato o cliccato una delle pubblicità dell'inserzionista al fine di misurare l'efficacia di una pubblicità e presentare pubblicità mirata all'utente. |
1 anno |
HTTP |
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pagead/landing |
Raccoglie dati sul comportamento dei visitatori da più siti web, al fine di presentare annunci pubblicitari più pertinenti. Ciò consente inoltre al sito web di limitare il numero di volte che un visitatore viene mostrato lo stesso annuncio. |
Sessione |
Pixel |
|
xnpe_#-#-#-#-# |
Questo cookie registra dati sul visitatore. Le informazioni vengono utilizzate per ottimizzare la pertinenza dell'annuncio. |
399 giorni |
HTTP |
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fr |
Utilizzato da Facebook per fornire una serie di prodotti pubblicitari come offerte in tempo reale da inserzionisti terzi. |
3 mesi |
HTTP |
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tr |
Utilizzato da Facebook per fornire una serie di prodotti pubblicitari come offerte in tempo reale da inserzionisti terzi. |
Sessione |
Pixel |
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ads/ga-audiences |
Usato da Google AdWords per reingaggiare visitatori propensi a convertirsi in clienti basandosi sul comportamento online in diversi siti. |
Sessione |
Pixel |
|
pagead/1p-user-list/# |
Monitora se l'utente ha mostrato interesse per specifici prodotti o eventi su più siti web e rileva come l'utente naviga tra i siti. Viene usato per valutare le attività pubblicitarie e facilita il pagamento delle commissioni per il reindirizzamento tra i siti. |
Sessione |
Pixel |
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bcookie |
Utilizzato dal servizio di social network LinkedIn per tracciare l'utilizzo di servizi integrati. |
1 anno |
HTTP |
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bscookie |
Utilizzato dal servizio di social network LinkedIn per tracciare l'utilizzo di servizi integrati. |
1 anno |
HTTP |
|
li_sugr |
Raccoglie dati sul comportamento e l'interazione degli utenti, per ottimizzare il sito e rendere più rilevante la pubblicità mostrata. |
3 mesi |
HTTP |
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lidc |
Utilizzato dal servizio di social network LinkedIn per tracciare l'utilizzo di servizi integrati. |
1 giorno |
HTTP |
|
UserMatchHistory |
Garantisce la sicurezza della navigazione per il visitatore, impedendo la falsificazione di richieste incrociate. Questo cookie è essenziale per la sicurezza del sito e del visitatore. |
29 giorni |
HTTP |
|
_fbp |
Utilizzato da Facebook per fornire una serie di prodotti pubblicitari come offerte in tempo reale da inserzionisti terzi. |
3 mesi |
HTTP |
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_gcl_au |
Utilizzato da Google AdSense per sperimentare l'efficacia pubblicitaria su tutti i siti web che utilizzano i loro servizi. |
3 mesi |
HTTP |
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_uetsid |
Raccoglie dati sul comportamento dei visitatori da più siti web, al fine di presentare annunci pubblicitari più pertinenti. Ciò consente inoltre al sito web di limitare il numero di volte che un visitatore viene mostrato lo stesso annuncio. |
1 giorno |
HTTP |
|
_uetvid |
Utilizzato per tracciare i visitatori su più siti web, al fine di presentare annunci pubblicitari pertinenti in base alle preferenze del visitatore. |
1 anno |
HTTP |
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A3 |
Raccoglie informazioni sul comportamento degli utenti su più siti web. Questa informazione è utilizzata al fine di ottimizzare la rilevanza della pubblicità. |
1 anno |
HTTP |
|
DEVICE_INFO |
Informazioni sul dispositivo utente per ottimizzare il video |
179 giorni |
HTTP |
|
VISITOR_INFO1_LIVE |
Prova a stimare la velocità della connessione dell'utente su pagine con video YouTube integrati. |
179 giorni |
HTTP |
|
YSC |
Registra un ID univoco per statistiche legate a quali video YouTube sono stati visualizzati dall'utente. |
Sessione |
HTTP |
|
ytidb::LAST_RESULT_ENTRY_KEY |
Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato |
Persistente |
HTML |
|
yt-remote-cast-available |
Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato |
Sessione |
HTML |
|
yt-remote-cast-installed |
Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato |
Sessione |
HTML |
|
yt-remote-connected-devices |
Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato |
Persistente |
HTML |
|
yt-remote-device-id |
Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato |
Persistente |
HTML |
|
yt-remote-fast-check-period |
Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato |
Sessione |
HTML |
|
yt-remote-session-app |
Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato |
Sessione |
HTML |
|
yt-remote-session-name |
Memorizza le preferenze del lettore video dell'utente usando il video YouTube incorporato |
Sessione |
HTML |
Presidente della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson, nonché Direttore del Centro Parkinson ICP di Milano e Presidente della AIP, Associazione Italiana Parkinsoniani
JH: In questo periodo dell’anno bisogna decidere a chi donare il 5 X 1000. Sono qui per capire perché conviene donarlo alla Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson, un ente morale con la missione di raccogliere fondi e sponsorizzare ricerche sulla malattia di Parkinson ed i parkinsonismi. Si riesce ancora a condurre ricerca in Italia?
GP: Certamente. In base ad una classifica internazionale effettuata da una agenzia molto nota, la SCImago (www.scimagojr.com), l’Italia si è classificata ottava a livello mondiale per la ricerca in campo biomedico nel periodo 1996-2011, dopo Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Giappone, Canada, Francia ed Australia. Con l’eccezione del Canada e dell’Australia, si tratta di paesi che hanno un prodotto interno lordo superiore a quello dell’Italia, che risulta pertanto avere una produttività veramente buona.
JH: Mi fa piacere pensare che la ricerca biomedica sia molto attiva in Italia. Bisogna pensare poi al campo in cui investire. Certo, la Fondazione Grigioni è attiva in un campo affascinante, quello delle cellule staminali, ma tratta la malattia di Parkinson, che non è una priorità sia perché riguarda prevalentemente la popolazione anziana, sia perché riguarda una parte limitata della popolazione (300.000 persone circa).
GP: Premesso che ci sono anche casi di Parkinson giovanile (l'altro giorno ho visito un paziente che aveva avuto l'esordio a 12 anni e pensiamo ad un personaggio famoso, l'attore Michael J Fox, che ha avuto l'esordio a 29 anni), ricordiamo che l'età media di esordio è 58 anni ed oggi, in seguito alla riforma introdotta dal governo Monti, si va in pensione a 67 anni ed oltre – dunque mediamente compare quando il lavoratore ha davanti a sé ancora 10 anni di lavoro. Inoltre, la malattia presenta analogie con altre malattie neurodegenerative, quali la malattia di Alzheimer, e si pensa che possano avere fattori causali in comune. Pertanto, la ricerca sul Parkinson può avere ricadute anche per le altre malattie neurodegenerative. Questo è molto importante, perché la frequenza delle malattie neurodegenerative nel loro complesso sta aumentando velocemente. Dato che queste malattie conducono progressivamente a disabilità anche totale, ma permettono una sopravvivenza lunga (i parkinsoniani possono vivere più di 30 anni dopo la diagnosi) finiranno per costituire un fardello insostenibile per la società se non interveniamo efficacemente.
JH: D’accordo, mi ha convinto. Ma perché proprio la Fondazione Grigioni?
GP: Perché la Fondazione ha un approccio alla ricerca sulla malattia di Parkinson e parkinsonismi di vasta portata che non ha eguali.
Tanto per cominciare, sponsorizza la banca dati clinica del Centro Parkinson ICP di Milano, che ormai contiene dati relativi a 22.000 pazienti seguiti per periodi fino a 16 anni, con documentazione particolareggiata che comprende fino a 250 variabili. Sponsorizza poi la Biobanca, che conserva materiale biologico per ricerche di vario genere, disponibile su richiesta per ricercatori sia italiani che stranieri: sangue per l'estrazione del DNA e RNA per studi di genetica, campioni di pelle per la trasformazione di fibroblasti della pelle in cellule staminali, campioni di tessuto nervoso per studi istopatologici.
Inoltre sponsorizza molti altri tipi di ricerca: ricerche sui fattori ambientali, studi di approfondimento sui farmaci anti-parkinson, nonché studi sui circuiti nervosi documentati con le neuroimmagini, progetti internazionali (per es. il progetto Africa) e ricerca sulle cellule staminali. Per approfondimenti si può consultare il sito www.parkinson.it.
JH: So che attualmente avete uno studio in corso sulle cellule staminali. A che punto è?
GP: Abbiamo già trattato 2 pazienti e ne abbiamo reclutati altri 3. Quando abbiamo trattato i primi 5 pazienti dobbiamo relazionare all'Istituto Superiore di Sanità, perché l'autorizzazione è soggetta a questa clausola. Se tutto procede bene, avremo l'autorizzazione a proseguire e trattare altri 20 pazienti.
JH: Se non erro, la PSP è una forma di parkinsonismo che è rara. Avrete problemi a reclutare gli altri 20 pazienti?
GP: Assolutamente no. Migliaia di pazienti afferiscono al Centro Parkinson ICP dove si svolge ed abbiamo tante richieste. Si figuri che siamo stati contattati anche da pazienti negli Stati Uniti.
JH: Dagli Stati Uniti? Per loro non è più facile andare a Lima, dove ha accompagnato Lei una paziente?
GP: Le due terapie non sono identiche. In entrambi i casi viene prelevato un campione di midollo osseo e le staminali vengono reinfuse tramite un catetere nelle arterie che portano il sangue al cervello. Tuttavia, a Lima la parte del midollo osseo che contiene staminali viene reinfuso subito, mentre nel nostro studio ci sono due fasi intermedie, eseguite presso la Cell Factory (“Fabbrica delle Cellule”) del Policlinico di Milano: 1) isolamento delle cellule staminali di un tipo particolare, le cellule staminali mesenchimali, che producono fattori di crescita in grado di prolungare la sopravvivenza di cellule nervose; 2) la loro coltivazione in vitro in modo da produrre un numero elevatissimo di cellule staminali mesenchimali da infondere. Così riteniamo che ci siano più probabilità di ottenere un effetto terapeutico significativo.
JH: Come sono andati i primi due pazienti?
GP: Sono andati bene, non si è verificato alcun effetto collaterale. Per quanto riguarda eventuali effetti terapeutici, qualcosa ci sembra di avere visto. Tuttavia, è presto per poter dire qualcosa con certezza, perché tutti i primi 5 pazienti saranno trattati con le staminali e lo sanno. Il miglioramento che si osserva potrebbe essere dovuto al cosiddetto effetto placebo: un paziente è convinto che la terapia funzionerà e si sente subito meglio, anche se in realtà la terapia non funziona – è un inganno della mente. Potremo veramente affermare qualcosa dopo avere trattato i successivi 20 pazienti in cieco ovvero in condizioni in cui non sanno se hanno ricevuto la terapia a base di staminali oppure solo una simulazione della procedura. Purtroppo abbiamo fondi per trattare solo i primi 5 pazienti. A meno di ricevere ulteriori donazioni, non potremo effettuare la parte in cieco. Stiamo parlando di una cifra considerevole, perché ciascun paziente costa quasi 30.000 euro.
JH: Quasi 30.000 euro per un paziente! Come mai costa così tanto?
GP: Innanzitutto ci sono le spese della Cell Factory, che richiede attrezzature e reagenti molto costosi. Poi c'è la spesa per la degenza necessaria per l'esecuzione della infusione intra-arteriosa delle cellule, perché il SSN non riconosce le degenze per motivi di ricerca. Inoltre, i pazienti vengono seguiti per un anno, durante il quale oltre alla usuale visita neurologica, vengono effettuati esami aggiuntivi per la valutazione della efficacia ovvero l'analisi multifattoriale computerizzata dei movimenti; acquisizione di immagini del cervello tramite SPECT e PET ed una serie di test neuropsicologici.
JH: Veramente una valutazione approfondita, non c’è che dire. Lascio ai lettori giudicare in base a questa intervista ed a quanto risulta sul sito a chi donare il 5X1000. Chi volesse donarlo alla Fondazione troverà sul sito le modalità per effettuare la donazione.
JH: Innanzitutto grazie per acconsentito di parlare con me, anche e soprattutto da parte di tutti i pazienti che hanno chiesto di lei.
Paz: Confesso che inizialmente avevo intenzione di rifiutare, perché è doloroso per me parlare della mia malattia. Poi ho pensato agli altri pazienti. Mi sono messa nei loro panni ed ho capito che un resoconto da parte mia può essere importante … ed eccomi qui.
JH: Cominciamo dall’inizio. Come mai ha deciso di andare a Lima?
Paz: Ormai sono ammalata da 10 anni. La malattia cominciava veramente a farsi sentire, sentivo di peggiorare, ero in crisi e dovevo fare qualcosa. Avevo partecipato al convegno AIP nel 2011 e lì avevo incontrato il Dr. Brazzini, che opera a Lima. Lui mi aveva ispirato fiducia. Nell'estate del 2012 ho pensato di contattarlo e chiedergli se riteneva che la terapia a base di cellule staminali che lui somministra potesse essere utile nel mio caso. Ha voluto ricevere tutta la mia documentazione e la risposta è stata affermativa. Così, sono partita.
JH: Nel frattempo è partito uno studio anche qui in Italia. Perché non ha aspettato di farlo qui?
Paz: L'estate scorsa lo studio non era ancora autorizzato. In ogni modo ho fatto bene, perché lo studio è autorizzato solo in una forma rara di Parkinson, non per la malattia di Parkinson solita che ho io.
JH: La procedura è stata come se lo aspettava?
Paz. No, è stata molto meglio.
JH: Molto meglio?! Che cosa intende?
Paz: All'andata ero un po' preoccupata. Invece l'equipe del Dr. Brazzini è molto efficiente. Mi hanno spiegato tutto nei dettagli e mi hanno fatto firmare un consenso. Poi, tutto è successo esattamente come avevano detto, sembrava che seguissero una tabella di marcia al minuto, senza perdere un colpo. Inoltre, tutti sono stati gentilissimi. Insomma, mi sono trovata veramente bene.
JH: Mi racconta concretamente che cosa è successo?
Paz: Prima della procedura mi hanno fatto degli esami del sangue per l'anestesia ed un esame neurologico, poi mi hanno anestetizzato per il prelievo del campione di midollo osseo da cui estrarre le mie cellule staminali.
JH: Anestesia di quale tipo: locale, spinale o generale?
Paz: generale con la mascherina. Ho perso conoscenza, ma per poco tempo (20 minuti circa). Dopo qualche ora, era pronta l'infusione e mi hanno anestetizzato di nuovo, questa volta per più tempo. Poi mi hanno portato in ospedale, dove ho trascorso la notte, una misura precauzionale nel caso fosse insorta qualche complicazione.
JH: Come è stato il risveglio?
Paz: molto positivo, mi sentivo benissimo, piena di energie.
JH: Non faceva male dove avevano infuso le cellule staminali?
Paz: Avevo un cerottone sul pube perché la infusione era stata fatta nell'arteria femorale, ma non faceva male. Il cerotto è stato tolto il giorno dopo prima della dimissione. Non vedevo l'ora, perché con le nuove energie avevo voglia di andare in giro.
JH: Andare in giro?
Paz: Sì, il giorno dopo la procedura sono andata a fare un giro turistico.
JH: E nei giorni successivi?
Paz: Ogni giorno andavo per un controllo che veniva fatto personalmente dal Dr. Brazzini. Mi hanno anche offerto una seduta con uno psicologo per capire come convivo con la malattia ed elaborare la particolare esperienza della terapia con le mie cellule staminali. L'ultimo giorno prima della partenza sono stato visitata anche dal neurologo.
JH: C'è stato qualche effetto collaterale?
Paz: No, tutto bene. E l'energia è rimasta per tutto il tempo.
JH: Quanto si è trattenuta in Perù?
Paz. Una settimana.
JH: E al ritorno?
Paz: Al rientro sono andata al mare e sono stata benissimo. Prima di partire prendevo lo Stalevo ogni 3 ore. Al rientro potevo rimandare l'assunzione e prendere la compressa anche 1 o 2 ore più tardi. Questo è durato per un mese. Poi, purtroppo sono peggiorata e sono tornata quasi come prima. Ho notato che ora la differenza tra il bene dell'ON ed il male dell'OFF è maggiore, prima c'era meno differenza.
JH: Allora i benefici sono scomparsi
Paz: No, i benefici ci sono ancora, ma meno pronunciati. Diversi amici mi hanno detto che mi vedono meglio.
JH: E la sua famiglia cosa dice?
Paz: Anche i miei familiari mi vedono meglio. Soprattutto mio figlio minore mi dice che sono migliorata.
JH: “E’ migliorata” è un po' vago. Non può spiegare meglio, magari fare qualche esempio pratico?
Paz: Il livello di energia è rimasto più alto di prima, mi stanco meno, riesco a fare di più.
JH: Per esempio, che cosa riesce a fare di più?
Paz: Quando vado in palestra a fare step, prima non riuscivo a continuare per un'ora come gli altri partecipanti “normali”, ora invece sì.
JH: Un'ora di step!! Io, che non ho il Parkinson, non riuscirei con il mio ginocchio malandato. Effettivamente, bisogna ammettere che l'energia non le manca.
E ora l'ultima domanda, la domanda più importante: lo rifarebbe?
Paz: Assolutamente sì. Il bilancio è positivo, nessun effetto collaterale ed il beneficio c’è, anche se, lo confesso, speravo che fosse di più. Del resto il Dr. Brazzini aveva detto che gli effetti variano da paziente a paziente e che a volte una infusione non basta.
JH: Allora intende tornare a Lima?
Paz: No, non credo, almeno spero di no. Ormai lo studio con le staminali del Prof. Pezzoli è partito in Italia ed io preferirei ricevere un'altra infusione qui per tutta una serie di motivi: innanzitutto il Prof. Pezzoli è il mio neurologo di fiducia e preferirei affidarmi a lui; altri motivi sono che qui c'è la garanzia del Servizio Sanitario Nazionale e poi qui la terapia con le staminali è diversa. Il Professore mi ha spiegato che qui l'infusione non si riceve poche ore dopo il prelievo di campione di midollo osseo, ma alcune settimane dopo, perché si isolano le cellule che servono e si fanno moltiplicare in modo da poterne infondere tante. Non so, io non sono un medico, ma mi sembra che così possa funzionare meglio.
JH: Perché ha detto che spera di non dover tornare a Lima?
Paz: Perché attualmente l'autorizzazione per trattare i pazienti con malattia di Parkinson come me non c’è. Temo che quando ne avrò bisogno in futuro io non possa riceverlo in Italia.
JH: Ci auguriamo tutti che questo non succeda. Vedrà, se i risultati dello studio sulla terapia a base di cellule staminali nella PSP sono positivi, le autorità cambieranno il loro atteggiamento. Grazie ancora per la sua disponibilità da parte di tutti i lettori.
JH: Professore, si parla molto dei risultati positivi dello studio EARLYSTIM sulla DBS (terapia chirurgica basata sull'impianto di elettrodi per la stimolazione cerebrale profonda) in pazienti nelle fasi iniziali della malattia di Parkinson. È stato pubblicato su una rivista molto autorevole (New England Journal of Medicine) ed è stato effettuato in un congruo numero di pazienti (250) seguiti per 2 anni, un tempo sufficientemente lungo per poter dare un giudizio attendibile sull'esito della terapia. So che finora avete sempre consigliato questa terapia nelle fasi avanzate della malattia, quando la terapia medica non controlla più la sintomatologia. Questo studio vi indurrà a modificare i vostri criteri di selezione per la DBS?
GP: Tendenzialmente no. Questo studio non mi convince fino in fondo, e un poco mi preoccupa.
JH: La preoccupa?!? E perché? È stato pubblicato su una rivista autorevole, sicuramente è stato valutato da diversi esperti prima di essere pubblicato, i risultati saranno sicuramente veritieri.
GP: Sì, i risultati sono veritieri, non ho dubbi su questo. Il problema sta nella loro interprestazione: vengono presentati come positivi, mentre in realtà non lo sono.
JH: Non capisco. I risultati sono evidenti: in media, rispetto alla terapia medica, la DBS ha permesso di ottenere una qualità di vita superiore del 27%, un punteggio motorio migliore del 49%, le complicazioni motorie sono diminuite del 74% ed i malati hanno potuto ridurre la terapia del 39% - e tutti questi confronti con la terapia medica erano statisticamente significativi, in altre parole non dovute al caso.
GP: Sì, lo sappiamo, la DBS è efficace, ma quello che conta è il rapporto rischio-beneficio.
JH: Ah, sì, certo, il rapporto tra efficacia e sicurezza ovvero gli effetti collaterali. Sì, è vero, più della metà dei pazienti sottoposti a DBS hanno presentato effetti collaterali importanti, ma anche il 44% dei pazienti trattati farmacologicamente hanno presentato effetti collaterali gravi. Non vi erano differenze significative tra i due gruppi. C'è stata una polemica sui suicidi nel gruppo trattato con la DBS, ma la differenza tra i due gruppi non era significativa.
GP: Anche questo mi preoccupa, i suicidi.
JH: Ma Professore, le ho appena detto che la differenza tra i due gruppi non era significativa: quattro (2 suicidi e 2 tentati suicidi) nel gruppo DBS ed uno nel gruppo trattato farmacologicamente. Quando la differenza non è significativa, il trattamento non può essere considerato responsabile, a meno che non ci sia un nesso con il suo meccanismo d'azione e qui io non vedo come la DBS possa agire in modo da promuovere un suicidio.
GP: E invece sì. Io ho visto parecchi casi di depressione apatica indotta dalla DBS. È uno degli effetti collaterali più spiacevole dell'intervento, perché il paziente, anche se recupera bene la funzione motoria, non ne usufruisce perché questo effetto collaterale psichiatrico gli impedisce di condurre una vita normale. E la depressione, lo sappiamo, può condurre al suicidio.
JH: Nell'articolo gli autori affermano che forse hanno selezionato un sottogruppo di pazienti che avevano già una tendenza al suicidio ed è per questo che hanno implementato un monitoraggio con lo scopo di evitare ulteriori tentativi di suicidio.
GP: Mi sembra molto strano. Il Centro Parkinson ICP di Milano ha aperto i battenti nel 1997 e noi vediamo migliaia di pazienti parkinsoniani ogni anno. Nella nostra banca dati abbiamo i nominativi di 22.000 pazienti. Ciò nonostante, in tutto questo tempo io ho visto complessivamente non più di 3 o 4 suicidi, mentre gli autori dello studio hanno visto lo stesso numero seguendo solo 250 pazienti per 2 anni. Inoltre, se non avessero implementato un monitoraggio preventivo nel corso dello studio, probabilmente ce ne sarebbero stati ancora di più.
JH: Allora, secondo lei, la selezione dei pazienti non c'entrava.
GP: Non per quanto riguarda il problema dei suicidi. Detto questo, anche la selezione dei pazienti in questo studio è un problema: hanno selezionato pazienti giovani, età media 52 anni, con una durata media di malattia di 7 anni, senza alcuna malattia concomitante e senza segni di demenza. Secondo la mia esperienza, meno di un paziente parkinsoniano su 10 corrisponde a questo profilo.
JH: Ho capito. Nei pazienti nelle fasi iniziali della malattia il rapporto rischio beneficio non è positivo, perché da un lato depone contro il rischio di depressione grave e potenzialmente fatale, dall’altro non è detto che si ottengano risultati così lusinghieri nella maggior parte dei pazienti parkinsoniani, che presentano caratteristiche diverse da quelle dei pazienti inclusi nello studio EARLYSTIM. Tuttavia, io ho l’impressione che Lei non sia comunque favorevole alla DBS in generale.
GP: Questo non è assolutamente vero. In base alla nostra ampia esperienza la DBS è una terapia complessa efficace e relativamente bene tollerata in pazienti selezionati bene. Tuttavia, è una terapia chirurgica e, come tutte le terapie invasive, presenta un certo rischio, per cui il suo rapporto rischio beneficio è positivo solo quando la sintomatologia motoria non viene più compensata dalla terapia medica.
Inoltre, è indispensabile che l'intervento venga effettuato presso un centro di eccellenza dove opera una equipe neurochirurgica con una ampia esperienza con i pazienti parkinsoniani. Tale centro sarà necessariamente dotato di strumentazione d'avanguardia per quanto riguarda non solo la chirurgia di per sé, ma anche le tecniche per immagini e la neurofisiologia, in quanto è indispensabile la massima precisione nel posizionamento degli elettrodi per ottenere ottimi risultati.
JH: Come fanno i pazienti a sapere quali sono i centri di eccellenza?
GP: I centri in Italia dove io mi farei operare non sono moltissimi, anzi.
Quindi se sono pazienti seguiti presso il Centro Parkinson ICP, li possiamo consigliare noi, in generale li inviamo presso il Policlinico di Milano dal neurochirurgo Paolo Rampini. Se un paziente, che riceva l'indicazione all'intervento dal suo neurologo, voglia sapere se un centro è valido, potrebbe chiedere quanti interventi di DBS vengono effettuati presso il centro mediamente in un anno. Se sono meno di qualche decina non si tratta di un centro con una esperienza sufficiente. Poi possono chiedere di incontrare qualche paziente che ha già affrontato l’intervento presso quel centro.
JH: Per incontrare altri pazienti sottoposti alla DBS, penso che potrebbero rivolgersi all'AIP, Associazione Italiana Parkinsoniani, non è vero?
GP: Certo. Per esempio, ne parleremo al convegno annuale che quest'anno si terrà a Gravedona (lago di Como) il 13 aprile p.v. e lì verranno pazienti che sono stati sottoposti all'intervento.
JH: Grazie Professore per il chiarimento riguardo allo studio EARLYSTIM. Continueremo a parlare di DBS a Gravedona. Chi fosse interessato a seguire i lavori può consultare la brochure del convegno presso il sito www.parkinson.it. Per chi non potesse partecipare, ci sarà la registrazione del convegno su DVD ed un resoconto su PDNews e sul sito.
Ricercatori tedeschi e francesi hanno effettuato uno studio con lo scopo di valutare se la stimolazione cerebrale profonda (DBS) offra benefici non solo nelle fasi avanzate della malattia di Parkinson, ma anche quando compaiono le prime complicazioni motorie.
Sono stati reclutati 251 pazienti (età media 52 anni, età massima 60 anni, durata di malattia media 7,5 anni) assegnati in maniera casuale a DBS oppure terapia farmacologica. Due anni dopo l'intervento il gruppo DBS presentava una qualità di vita misurata con la scala PDQ-39 significativamente migliore (mediamente del 27% migliore rispetto al gruppo assegnato alla terapia farmacologica ), nonchè meno disabilità motoria (+49%), una maggiore capacità di eseguire le attività quotidiane (+42%), meno complicazioni motorie indotte dalla levodopa (-74%) e più tempo tempo in ON senza movimenti involontari (+18%) (tutti p inferiore a 0.001 tranne il tempo in ON senza movimenti involontari p=0.01).
La terapia farmacologica è stata ridotta mediamente del 39% nel gruppo DBS, mentre è aumentato del 21% nell'altro gruppo.
Eventi avversi gravi si sono verificati nel 54,8% dei pazienti DBS rispetto a 44,1% nel gruppo terapia medica. Nel gruppo assegnato alla terapia medica gli eventi riguardavano spesso problemi con la mobilità ed effetti collaterali della terapia farmacologica (allucinazioni e problemi comportamentali), mentre nel gruppo DBS erano correlati all'impianto (17.7%) oppure consistevano nel problema psichiatrico della depressione, che ha indotto due pazienti a suicidarsi ed altri due a tentare di farlo; i ricercatori hanno implementato un monitoraggio particolare per evitare il fenomeno. Si è suicidato anche un paziente nel gruppo assegnato alla terapia medica.
Gli autori concludono che DBS è superiore alla terapia farmacologica anche nei pazienti parkinsoniani che presentano complicazioni motorie iniziali.
In un editoriale della rivista che ha pubblicato il lavoro, si fa presente che la popolazione dei pazienti in studio non era rappresentativa della maggior parte dei pazienti parkinsoniani, in quanto erano giovani, non avevano altre patologie o segni di demenza. Inoltre, il fenomeno dei suicidi rende indispensabile il monitoraggio e la DBS non migliora tutti i sintomi parkinsoniani.
JH: “Desidera il prodotto originale e paga, oppure il generico e risparmia?” Ecco una domanda che i pazienti parkinsoniani si sentono porre dal farmacista sempre più spesso. I pazienti sono impreparati a rispondere a questa domanda e si rivolgono all'Associazione Italiana Parkinsoniani (AIP) ed ai clinici per una guida. Professore, che cosa rispondiamo?
GP: Inizialmente io ero favorevole all'idea, mi sembrava un buon modo per risparmiare risorse in una epoca in cui dobbiamo per forza risparmiare. Tuttavia, a quel tempo non mi ero bene documentato su che cosa è un generico, non è un concetto che si impara all'Università.
JH: Certo, io so che cosa è perché ho lavorato nell'industria farmaceutica, ma non tutti lo sanno, per cui vediamo di chiarire questo concetto.
GP: Quando scade il brevetto di un medicinale altre ditte possono “copiare” il prodotto, fabbricarlo e venderlo, ma senza il marchio (ecco perché si chiamano prodotti “generici”). Dato che il metodo di fabbricazione della ditta che ha creato il prodotto è un segreto industriale, devono mettere a punto un loro metodo di fabbricazione, che potrebbe differire notevolmente da quello originale. Inoltre, hanno l'obbligo di produrre lo stesso principio attivo, ma non è detto che gli eccipienti (le sostanze inerti che servono a tenere insieme la compressa, capsula o altra forma farmaceutica) siano identici.
JH: Allora, in teoria, un paziente che ha tollerato bene il prodotto originale potrebbe non tollerare il prodotto generico, perché è allergico ad un eccipiente.
GP: Proprio così. Ed ho ricevuto segnalazioni di diversi casi di questo tipo. Le reazioni allergiche possono essere gravi, nel caso di uno shock anafilattico può persino mettere il paziente in pericolo di vita. In questi casi, mi domando chi risponde delle lesioni che ha subito il paziente: il medico che ha prescritto il principio attivo oppure il farmacista che non ha dato l'originale, ma un generico? Di chi è la responsabilità? Non mi è affatto chiaro.
Ma il problema non riguarda solo le allergie. La differenza per quanto riguarda gli eccipienti potrebbe essere così grande che il principio attivo viene assorbito in quantità notevolmente diversa: potrebbe essere assorbito troppo e quindi essere associato ad effetti di eccesso di trattamento oppure essere assorbito troppo poco e quindi non essere pienamente efficace. Ecco perché le autorità sanitarie impongono alle aziende che desiderano commercializzare prodotti generici l'esecuzione di uno studio clinico di “bioequivalenza”. In questi studi l'assorbimento del prodotto generico viene confrontato a quello del prodotto originale in volontari sani. I volontari assumono a caso prima il prodotto originale e poi quello generico oppure viceversa. Dopo l'assunzione di ciascun prodotto i volontari vengono sottoposti ad una serie di prelievi di sangue per 24 ore (a volte anche 48 ore) per vedere quali concentrazioni raggiunge il principio attivo nel sangue nell'arco della giornata e, tramite alcune formule matematiche, calcolare quanto principio attivo è stato assorbito. Inoltre, viene anche annotata la concentrazione massima raggiunta (il picco). L'entità dell'assorbimento del prodotto generico non deve differire da quello del prodotto originale di più del 20% in più o in meno; la differenza tra i picchi può essere un poco più elevata. Se queste condizioni vengono soddisfatte le autorità sanitarie daranno una autorizzazione alla immissione in commercio, a patto che il fabbricante accetti un prezzo nettamente inferiore all’originale. Il fabbricante se lo può permettere perché non ha avuto le spese per la ricerca che ha avuto l'azienda che ha creato il principio attivo.
JH: 20% in più o in meno – stiamo parlando di variazioni pari al 40%!!!. Ma questo è accettabile in clinica?
GP: Per quanto riguarda la malattia di Parkinson, assolutamente no, è inaccettabile. Per quanto riguarda altre indicazioni, non saprei, io parlo per l'area terapeutica di mia competenza. Nel caso della malattia di Parkinson, il neurologo impiega molto tempo a mettere a punto una terapia individuale per il paziente, basata su dosi molto precise (per es. un quarto di compressa all'ora X …..) da assumere a tempi precisi, anche in relazione ai pasti che possono interferire con l'assorbimento dei principi attivi. È chiaro che la sostituzione del prodotto originale con una copia il cui contenuto può differire anche di 40% dall'originale ed il cui contenuto può anche avere un profilo di assorbimento diverso (ovvero essere assorbito più velocemente o più lentamente) compromette tutto il lavoro terapeutico svolto e può significare che un paziente ben controllato improvvisamente ridiventa sintomatico e sta male. In altre parole la possibile differenza del 40% può significare la differenza tra stare bene e stare male.
JH: Tuttavia, il paziente si può opporre, può chiedere l'originale se glielo consiglia il neurologo curante, non è vero?
GP: Sì, è vero, ma ormai il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) rimborsa completamente solo i prodotti generici quando il brevetto del principio attivo del prodotto originale è scaduto, ed il paziente deve pagare una parte consistente del prezzo del prodotto. Si comprende che questa situazione è dettata solo da una logica economica, che oltre tutto non si traduce in un vero risparmio, perché il paziente che sta male richiede ulteriori cure che costano.
JH: Certo, capisco che questo possa succedere con i pazienti che già stanno assumendo il prodotto originale. Tuttavia, queste considerazioni non valgono per i pazienti di nuova diagnosi. Se a loro vengono prescritti farmaci generici fin dall'inizio, non ci dovrebbero essere questi problemi.
GP: Non ne sarei così sicuro. Una differenza potenziale del 40% di principio attivo è tanto e potrei non ottenere i risultati attesi in base alla mia esperienza pluriennale, che è stata ottenuta con il prodotto originale.
JH: In realtà, i farmacologi hanno studiato attentamente questo tipo di problema e affermano che non ci dovrebbero essere complicazioni.
GP: Già, i farmacologi – che non hanno mai visto un paziente in vita loro, anche se hanno una laurea in medicina. Bisogna rendersi conto che i generici sono parecchi, ognuno differirà dall'originale in maniera diversa e non ci si può aspettare che io li conosca tutti ed adegui la terapia ogni volta che il farmacista dà un generico diverso. Inoltre, bisogna anche tenere presente che per i generici, al contrario dei farmaci originali, non esiste alcuna documentazione di efficacia. Conosciamo solo la differenza per quanto riguarda le concentrazioni del farmaco nel sangue rispetto al farmaco originale, ma non abbiamo la certezza di quanto questa differenza si traduca in differenze per quanto riguarda l'efficacia. Questo vale in particolar modo per i preparati a rilascio prolungato: il profilo di assorbimento del generico sarà necessariamente diverso ed io non so come questo si traduca in efficacia contro i sintomi parkinsoniani. Insomma, ogni volta mi trovo davanti a delle incognite che non riesco a quantificare.
JH: Ma questi potrebbero essere rischi solo teorici …
GP: No, è la spiegazione di problemi che ho avuto ripetutamente con i miei pazienti in ambulatorio. E questi problemi stanno diventando sempre più frequenti. La situazione è tale che mi sto chiedendo se le decisioni per quanto riguarda la salute dei pazienti vengono presi dal medico curante oppure da qualche politico che si illude di risparmiare.
JH: Ho capito, Professore. La risposta alla domanda iniziale se usare i farmaci generici per il trattamento della malattia di Parkinson è chiara: è no e Lei auspica che il SSN rimborsi il farmaco originale per evitare complicazioni cliniche che finiscono per costituire un ulteriore aggravio al SSN in termine di spesa.
46 pazienti parkinsoniani, di cui 35 presentavano funzioni cognitive (mentali) normali e 11 compromissione cognitiva lieve, sono stati sottoposti periodicamente ad esami neurologici, neuropsicologici ed alla acquisizione di neuroimmagini PET con un tracciante particolare che permette di rilevare le placche di amiloide per 5 anni. Inizialmente i risultati PET non permettevano di distinguere tra i due gruppi. Nel corso di 5 anni 6 pazienti hanno sviluppato demenza, 5 nel gruppo con compromissione cognitiva lieve ed uno nel gruppo normale. I valori di amiloide erano predittivi per il peggioramento cognitivo, mentre non erano correlati all'andamento della compromissione della funzione motoria.
Le placche di amiloide sono un reperto tipico della malattia di Alzheimer
JH: Professore, ho saputo che ha accompagnato un paziente (o una paziente?) a Lima, dove ha ricevuto una terapia a base di cellule staminali. Come mai ha consigliato questa soluzione? Non è appena iniziata una sperimentazione con le staminali presso l’Istituto che Lei dirige?
GP: A dire il vero, io non ho consigliato questa soluzione al paziente (usiamo il genere maschile per garantire l’anonimato, potrebbe trattarsi anche di una paziente). Anzi, questo paziente non è grave ed il mio consiglio sarebbe stato di aspettare di avere la possibilità di ricevere la terapia qui in Italia. E’ stato il paziente ad essere impaziente ed a volere la terapia subito.
JH: E come mai proprio a Lima? E’ un posto molto lontano.
GP: Il paziente aveva assistito alla presentazione di un radiologo interventista di Lima, il Dr Brazzini, che è di origine italiana, in occasione del convegno AIP 2011. Egli tratta già pazienti con malattia di Parkinson con cellule staminali autologhe prelevate dal midollo osseo del paziente stesso da tempo. Il Dr Brazzini gli ha ispirato fiducia e non ha voluto aspettare.
JH: Perché? Al centro Parkinson in Italia la lista di attesa è lunga?
GP: Attualmente noi abbiamo l’autorizzazione per trattare 5 pazienti affetti da una forma di parkinsonismo grave, la PSP. Dopo avere mandato una relazione su questa esperienza preliminare, abbiamo intenzione di partire con la sperimentazione vera e propria, sempre nei parkinsonismi. Non abbiamo una autorizzazione per la malattia di Parkinson. In futuro, se i risultati nel parkinsonismo saranno favorevoli, speriamo di ottenerla, ma non conosciamo esattamente i tempi. Vi sono poi ostacoli di ordine economico, perché si tratta di procedure molto costose.
JH: Ho capito perché il paziente ha voluto farsi trattare adesso là, ma perché è andato anche Lei?
GP: Mi interessava conoscere la loro tecnica e le loro procedure, dato che hanno già esperienza. Il Dr Brazzini è stato molto disponibile, mi ha permesso di accedere alla sala operatoria e mi ha spiegato tutto punto per punto.
JH: Allora, mi racconti.
GP: Prima di partire avevamo mandato tutta la documentazione relativa al paziente, comprensiva di filmati, affinchè il neurologo a cui si appoggia il Dr Brazzini potesse pronunciarsi e dichiarare che l’intervento era fattibile e che il paziente era un valido candidato che avrebbe potuto beneficare dalla procedura. Siamo arrivati domenica e lunedì il paziente si è recato alla clinica privata del Dr Brazzini. La clinica è dotata di sala operatoria, ma non di stanze per la degenza, il Dr Brazzini si appoggia a strutture limitrofe per il monitoraggio del paziente dopo l’intervento. Il paziente è stato sottoposto ad esami di controllo per escludere eventuali rischi operatori (es. test della coagulazione), nonché ad una visita neurologica. Il giorno dopo, martedì, è stata eseguita la procedura: prelievo di un campione di midollo osseo dall’anca, separazione della frazione contenente cellule staminali, preparazione di una infusione in soluzione fisiologica 1:10 e, dopo circa 3 ore, loro reinfusione per via intra-arteriosa, tramite un catetere inserito nella arteria femorale e portata in alto fino all’arteria vertebrale, nel tentativo di portarle il più vicino possibile alle parti malate del cervello.
JH: Il paziente era cosciente? Hanno usato una anestesia regionale o generale?
GP: Il paziente non era cosciente, loro ricorrono alla anestesia totale.
JH: C’è stato qualche problema?
GP: No, gli operatori sono esperti, hanno una grande manualità e notevole esperienza.
JH: In Italia userete la stessa tecnica?
GP: Non esattamente. La tecnica è sovrapponibile per quanto riguarda il prelievo di campione di midollo osseo dall’anca e la reinfusione intra-arteriosa tramite catetere inserito nell’arteria femorale, ma differisce per quanto riguarda le staminali. Noi impieghiamo molto più tempo per la preparazione della infusione di cellule staminali, tant’è vero che le due procedure di prelievo e reinfusione avverranno a settimane di distanza. Noi isoliamo solo le cellule staminali mesenchimali, che sono quelle utili per secernere fattori di crescita, e rimuoviamo le altre. Le cellule staminali mesenchimali non sono tantissime, per cui le facciamo moltiplicare in coltura in laboratorio e questo richiede tempo e l’uso di reagenti e macchinari molto costosi. Ecco perché la nostra procedura costa così tanto, ma secondo noi ne vale la pena.
JH: Quando il paziente si è svegliato, come si sentiva?
GP: Bene. Il giorno dopo era già in giro a visitare chiese ed a fare acquisti ….
JH: Bene? Tutto qui? Non sta meglio?
GP: Per ora, agli esami di controllo prima della partenza, è tutto come prima. Si può solo affermare che la procedura non è stata associata ad effetti collaterali. In seguito si vedrà. Secondo il Dr Brazzini, il miglioramento può comparire dopo pochi giorni, ma generalmente impiega qualche settimana a comparire, anche fino a 3 mesi.
JH: Finora, quanto tempo è passato dalla procedura?
GP: Un paio di settimane. Finora il paziente al telefono mi ha riferito che non ha notato nulla di diverso. Ho intenzione di rivederlo dopo le vacanze di Natale. Allora saranno passate 5 settimane e qualche cambiamento ci potrebbe essere.
JH: Forse dipende anche dal tipo di paziente. Era un paziente con Parkinson in fase avanzata o con malattia iniziale?
GP: Una malattia lieve non posso dire di più. Mi dispiace, come ho già detto, ho garantito al paziente l’anonimato totale, per cui non posso riferire nulla.
JH: Mi scusi, ha ragione, l’aveva detto. Va bene. Mi permetterò comunque di rifarmi viva a gennaio per sentire se il paziente è migliorato. Nel frattempo Buon Natale e Felice Anno Nuovo a Lei ed alla Sua famiglia.