La riabilitazione: una terapia anti-Parkinson
complementare ai farmaci ma indispensabile: dal 33° convegno AIP
La soluzione per un “buco nero”
La Dr.ssa Zecchinelli ha ricordato come in passato la riabilitazione avesse un ruolo di secondo piano rispetto alla terapia farmacologica nella gestione della malattia di Parkinson. Ora ci si è resi conto che il trattamento riabilitativo può essere di estremo aiuto per alcuni problemi che non vengono risolti dai farmaci, quali per esempio, il freezing. Questo sintomo, molto invalidante perché aumenta il rischio di caduta, compare nelle fasi avanzate della malattia e non in tutti i pazienti, risponde male alla terapia farmacologica e fino ad ora era come un “buco nero”.
Ha poi fatto presente che dal 1997 AIP supporta il servizio SOS Parkinson di cui lei è il medico coordinatore. Il servizio è attivo dalle 8 alle 20 il sabato, la domenica e nei giorni festivi. Serve per potere mettersi in contatto con un medico con esperienza nella malattia di Parkinson quando non si riesce a contattare il proprio neurologo curante. Il numero di telefono è 336 735544
Gli obiettivi
Il Dr. G. Frazzitta ha esposto un nuovo approccio alla riabilitazione del paziente parkinsoniano che ha come obiettivo la correzione di importanti segni e sintomi della malattia che rispondono poco ad altre terapie disponibili:
- La camptocormia (tendenza a piegarsi in avanti)
- La perdita della capacità di mantenere l’equilibrio
- Il freezing (i piedi che si “incollano” al pavimento)
- Le fluttuazioni motorie (funzionamento intermittente della levodopa per cui il paziente passa improvvisamente ed in maniera imprevedibile da un periodo in ON quando la levodopa controlla i sintomi motori ad un periodo in OFF in cui il controllo viene perso e viceversa)
Questo approccio è molto importante perché nelle fasi avanzate della malattia molti pazienti presentano uno o più di questi sintomi ed hanno una lunga aspettativa di vita, per cui devono conviverci per molti anni.
Le prove di efficacia nella letteratura biomedica
La riabilitazione di per sé non è una terapia nuova: il primo lavoro in letteratura è stato pubblicato nel 1973 (1) e nel 1994 fu dimostrato che un programma basato su 3 sedute settimanali di un’ora per 4 settimane migliorava significativamente il punteggio UPDRS (una scala internazionale che misura la gravità dei sintomi parkinsoniani) (2).
Bisognava tuttavia capire esattamente quali fossero le deficienze da correggere. Nel 1994 ricercatori australiani hanno dimostrato che il principale problema nel camminare era dovuta ad una alterazione del ritmo del passo (3) e, nel caso del freezing, l’inizio del movimento
L'esperienza insegna che uno stimolo esterno (visivo, come una riga sul pavimento oppure uditivo, come la cadenza di un metronomo) può facilitare l'inizio del movimento e la sua continuazione. Questo tipo di stimolo viene detto “cue” dalla parola inglese che significa “segnale”. La malattia di Parkinson determina una disfunzione dell’area motoria supplementare e stimolando l’area laterale della corteccia motoria principale tramite i cue è possibile compensarne il difetto. In altre parole, dando dei “segnali” alla parte principale del cervello responsabile per il movimento, quest’ultimo si attiva anche se non riceve impulsi nervosi adeguati dall’area motoria supplementare. Non solo: si può insegnare al malato come sfruttare i cues a casa per superare il problema del freezing, tenendo presente però che la loro efficacia scompare dopo pochi mesi se lo stimolo viene rimosso (4, 5)
Dal 2000 in poi sono stati condotti studi che dimostrano la validità dell’uso del tapis roulant (tappeto ruotante). Ricercatori giapponesi, israeliani e tedeschi hanno dimostrato che l’uso di questo presidio è superiore all’esercizio fisico nel migliorare il punteggio UPDRS, la velocità del cammino, la lunghezza del passo, il movimento sincrono delle braccia e la qualità di vita misurata con una scala riconosciuta a livello internazionale (PDQ-39). Hanno inoltre stabilito che i benefici vengono mantenuti per mesi dopo la fine del periodo di riabilitazione e che non vi è il rischio di cadute. Il beneficio consiste sostanzialmente in un riapprendimento motorio indotto dalla stimolazione dell’area supplementare motoria determinata dagli esercizi (6, 7, 8, 9). Attualmente sono in corso di stesura delle linee guida sulla implementazione di questa tecnica nel paziente parkinsoniano.
Nel 2008 una revisione approfondita degli studi disponibili sulla riabilitazione ha stabilito che programmi riabilitativi sono in grado di ridurre il rischio di caduta negli anziani del 17% e che i programmi efficaci sono quelli intensivi (più di 50 ore nell’arco di 4 settimane) e che associano esercizi per il miglioramento del cammino ad esercizi per il miglioramento dell’equilibrio in piedi (10).
Un trattamento riabilitativo intensivo specifico per la malattia di Parkinson
Sulla base delle evidenze scientifiche il Dr. Frazzitta ha messo a punto un trattamento riabilitativo intensivo specifico per i pazienti parkinsoniani presso il famoso centro riabilitativo di Montescano (Pavia), che ha lo scopo di migliorare aspetti critici della malattia: camptocormia, equilibrio, freezing, autonomia personale. Si tratta di un percorso riabilitativo della durata di 4 settimane, durante le quali il paziente viene sottoposto quotidianamente a 3 sedute di esercizi della durata ciascuna di 60 minuti (due al mattino intervallate da una pausa e 1 al pomeriggio) per 5 giorni alla settimana. Il paziente viene seguito direttamente dal fisioterapista durante le tre sedute di un’ora, che comprendono le seguenti attività:
Seduta n 1
- Esercizi di stiramento muscolare per ridurre le contratture muscolari
- Esercizi per migliorare la funzionalità della colonna vertebrale
- Esercizi di cambio di postura partendo dalla posizione sdraiata
- Esercizi per il miglioramento della funzionalità dei cingoli (articolazioni della spalla e dell'anca)
Seduta n.2
- Addestramento sul tappeto ruotante con “cues” sonori e visivi
- Addestramento su pedana stabilometrica con “cue” visivo
- Macchina che impone al paziente di premere con le gambe contro una superficie (press leg)
- Esercizi di destrezza con le mani per svolgere un video gioco al computer
Seduta n. 3
- Esercizi di terapia occupazionale progettati per migliorare l’autonomia personale: lavarsi, vestirsi, salire e scendere dal letto, girarsi nel letto, scrivere
La dimostrazione dell’efficacia del trattamento intensivo con tapis roulant
Il Dr. Frazzitta e colleghi hanno eseguito studi di confronto tra il programma riabilitativo basato sull’uso del tappeto ruotante e “cues”e riabilitazione con i soli “cues”. Hanno osservato miglioramenti in tutti i pazienti riabilitati. Tuttavia, il miglioramento era significativamente maggiore nei pazienti che usavano il tappeto ruotante per quanto riguarda il cammino (netto aumento della distanza percorsa in 6 minuti e della lunghezza dei passi), del freezing, della rigidità, della camptocormia e dell’equilibrio, nonché del metabolismo muscolare (11, 12). Hanno anche dimostrato che, se il paziente non continua a pratica esercizio fisico, dopo 1 anno i benefici vengono persi, ma le loro condizioni cliniche generali sono comunque nettamente migliori rispetto ad un gruppo di pazienti che invece ha assunto solo farmaci e non si è sottoposta al trattamento riabilitativo. Inoltre i pazienti sottoposti a terapia riabilitativa intensiva assumevano dopo 12 mesi mediamente un dosaggio inferiore di levodopa rispetto ai controlli.
Questo succede perché alcuni sintomi sono amplificati dalla riduzione dell’attività fisica e dalla perdita di forma fisica a cui generalmente va incontro il paziente parkinsoniano:
- Camptocormia, favorita da artrosi e perdita della funzionalità della colonna vertebrale
- Deficit dell’equilibrio, favorito da perdita del tono della muscolatura addominale e paravertebrale, nonchè da un deficit di funzionalità del cingolo scapolare
- Deficit del cammino, favorito da un deficit della funzionialità del cingolo pelvico/rachide e della muscolatura degli arti inferiori
Queste alterazioni rispondono poco al trattamento farmacologico, che generalmente migliora la velocità dell’esecuzione del gesto, ma non influisce sugli aspetti osteo-articolari correlati con l’età ed ingigantiti dalla malattia
La riabilitazione è complementare alla terapia farmacologica e mette il paziente nelle condizioni migliori per sfruttare a pieno l’azione della levodopa.
Meglio il paziente si sentirà, minore sarà da parte sua la richiesta di farmaco, minore il rischio di effetti collaterali e migliore la sua qualità di vita.
Perché funziona?
Un'ultima considerazione sono le recenti acquisizioni sui meccanismi alla base dei benefici neurologici dell’esercizio fisico.
In generale, si ritiene che l’esercizio stimoli il rilascio di fattori di crescita che promuovono un funzionamento ottimale delle cellule nervose e migliori una serie di fattori cardiovascolari che, con il passare degli anni, possono avere effetti negativi sulla circolazione sanguigna nel cervello (diabete, pressione alta, colesterolo) (13)..
Per quanto riguarda la malattia di Parkinson in particolare, i dati attualmente disponibili suggeriscono che l’esercizio intensivo determini un aumento della liberazione di dopamina e del numero dei recettori D2, nonchè nella neurotrasmissione lungo i circuiti glutammaterici che mitigano l’iper-eccitabilità nei gangli basali che si riscontra nella malattia (14)
Concludendo, avere una buona forma fisica permette di mantenere una corretta funzionalità articolare e muscolare con conseguente riduzione dell’incidenza di alcuni sintomi poco responsivi alla terapia farmacologica e migliora la qualità di vita.
Vi è anche la possibilità che la riabilitazione possa modificare il decorso della malattia, ma attualmente non vi sono ancora dati a supporto di questa ipotesi.
Riferimenti bibiografici
1. Wroe M, Greer M. Parkinson’s disease and physical therapy m+è anagement. Phys Ther 1973; 53: 849-854
2. Comella CL, Stebbins GT, Brown-Torns N, Goetz CG. Physical therapy and Parkinson’s disease: a controlled clinical trial Neurology 1994; 44: 376-378
3. Morris ME, Iansek R, Maryas A, Summers JJ. Ability to modulate walking cadence remains intact in Parkinson’s disease. J Neurology, Neursurg Psychiatry 1994; 57: 1532-1534
4. Nieuwboer, Kwakkel G, RochesterL e coll. Cueing training in the home improves gait-related mobility in Parkinson’s disease: the RESCUE trial. J Neurol Neursurg Psychiatry 2007; 78: 134-140
5. Lim I van Wegen E Jone D e coll Does cuing training improve physical activity in patients with Parkinson’s disease? Neurorehabil Neural Repair 2010; 24: 469
6. Miyai I, Fujimoto Y, Ueda Y e coll. Treadmill training with body weight support: its effect on Parkinson’s disease. Arch Phys Med Rehabil 2000; 81: 849-52
7. Miyai I, Fujimoto Y, Yamamoto H e coll.. Long-term effect of body weight-supported treadmill training in Parkinson’s disease: a randomized controlled trial. Arch Phys Med Rerhabil 2002; 83: 1370-3
8. Herman T, Giladi N, Gruendlinger L, Hausdorff JM. Six weeks of intensive treadmill training improves gait and quality of life in patients with Parkinson’s disease: a pilot study. Arch Phys Med Rehabil 2007; 88: 1154-8
9. Mehrholz J, Friis R, Kugler J e coll. Treadmill training for patients with Parkinson’s disease. Cochrane Database Syst Rev 2010; 1: CD007830
10. Sherrington C, Whitney JC, Lord SR e coll. Effective exercise for the prevention of falls; a systematic review of and meta-analysis. J Am Geriatr Soc 2008; 56: 2234-2243
11. Frazzitta G, Maestri R, Uccellini D, Bertotti G, Abelli P. Rehabilitation treatment of gait in patients with Parkinson’s disease with freezing: a comparison between two physical therapy protocols using visual and auditory cues with or without treadmill training. Mov Disord 2009; 24: 1139-43.
12. Frazzitta G, Maestri R, Bertotti G, Uccellini D, Bazzini G, Abelli P, Aquilani R. Rehabilitation in Parkinson’s disease: assessing the outcome using objective metabolic measurements. Mov Disord 2010; 25: 609-614
13. Cotman CW, Berchtold NC, Christie LA. Exercise builds brain health: key roles of growth factor cascades and inflammation. Trends Neurosci 2007; 30: 464-472
14. Petzinger GM, Fisher BE, van Leeuwen JE e coll. Enhancing neuroplasticity in the basal ganglia: the rule of exercise in Parkinson’s disease. Mov Disord 2010; 25 Suppl 1: S141-5