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Riassunto della Giornata sul Parkinson, CTO, 30 novembre 2013

Sessione del pomeriggio: DBS, riabilitazione e varie

Pomeriggio:  Argomenti vari

Moderatore: Prof G Pezzoli, Dr A Zecchinelli

 

Quando sottoporsi alla stimolazione cerebrale profonda (DBS)?

La pubblicazione dello studio franco-tedesco EARLYSTIM (Schuepbach WM e coll N Engl J Med 2013; 368: 610-22) che dimostra che la DBS è superiore alla terapia farmacologica anche nei pazienti parkinsoniani che presentano complicazioni motorie iniziali ha sollevato il dubbio che forse bisogna rivedere i criteri di intervento attuali, che prevedono l’intervento quando compaiono complicazioni nelle fasi avanzate della malattia (10 anni di malattia e oltre) in pazienti aventi non più di 70 anni di età.  Questi  criteri restringono il numero di pazienti che possono sottoporsi all’intervento, in quanto l’età media di esordio è a 60 anni e quando compaiono le complicazione è possibile che il paziente abbia superato i 70 anni di età.  Da rilevare che un editoriale pubblicato assieme al lavoro sollevava delle obiezioni alla conclusione degli autori che conviene anticipare l’intervento: la popolazione dei pazienti in studio non era rappresentativa della maggior parte dei pazienti parkinsoniani, in quanto erano giovani, non avevano altre patologie o segni di demenza.  Inoltre, l’aumento del tasso dei suicidi rende indispensabile il monitoraggio e la DBS non migliora tutti i sintomi parkinsoniani.

E’ stato invitato il Dr G Carrabba, che lavora presso la Unità Operativa Semplice di Neurochirurgia Stereotassica Funzionale e Neuroendoscopica del Policlinico di Milano, un centro che ha effettuato più di 100 interventi di DBS, per fornire una risposta.
Il Dr Carrabba ha affermato che in realtà non esistono criteri rigidi per la selezione dei pazienti, bisogna sempre decidere a seconda delle caratteristiche del paziente singolo.  Oggi la stimolazione cerebrale profonda (DBS) è una terapia chirurgica consolidata, esiste una ampia esperienza con l’impianto degli elettrodi, che può essere considerato un intervento di routine.  In particolare, l’esperienza in 107 pazienti sottoposti ad intervento ha mostrato che il beneficio ottenuto sulla funzione motoria è sovrapponibile (72,7% nei giovani vs 71,2% negli anziani).  Per quanto riguarda i rischi, essi sono sostanzialmente due ovvero
-     Ematoma.  Le informazioni anatomiche precise fornite dalle tecniche per immagini permettono al chirurgo di evitare i grandi vasi, ma non è possibile escludere che possa ledere qualche piccolo vaso con conseguente sanguinamento.  Nella casistica di 107 pazienti impiantati si sono verificati 2 ematomi, di cui sono 1 ha causato sintomi neurologici temporanei in quanto l’ematoma si è risolto.  Entrambi gli ematomi si sono verificati in pazienti giovani
-    Infezioni  Una eventuale infezione è potenzialmente grave in quanto coinvolge il cervello e vi è il rischio di una meningite.  In realtà questo non è mai successo.  Nella casistica di 107 pazienti impiantati si sono verificate 2 infezioni non gravi, 1 in un giovane ed 1 in un anziano.


Pertanto la soglia dei 70 anni non è più valida, bisogna decidere a livello individuale.  Questo è importante, perché al centro Parkinson è stato osservato un trend verso un esordio più tardivo della malattia.  Una volta l’età media di esordio era 58 anni, oggi è intorno ai 65 anni.  Esistono pubblicazioni recenti che indicano che lo stesso sta accadendo con la malattia di Alzheimer.  Una probabile spiegazione è il miglioramento delle condizioni di vita, con riduzione della esposizione a tossine ambientali,  controllo dei fattori di rischio cardiovascolari (ipertensione arteriosa, colesterolo alto, diabete) e contenimento dell’uso di farmaci che inducono sintomi parkinsoniani.


Per quanto riguarda l’anticipazione dell’intervento alle fasi iniziali della malattia, bisogna considerare che si tratta di un intervento impegnativo, comunque gravato da qualche rischio.  E’ intervenuto il Dr CB Mariani ad esporre l’esperienza presso il centro Parkinson al CTO.  Questa esperienza mostra che la DBS permette di controllare molto bene alcuni sintomi (fluttuazioni motorie, discinesie, distonia) anche a lungo termine (dopo 10 anni e oltre), ma che non risolve i cosiddetti sintomi assiali (problemi con la deambulazione, l’equilibrio e la voce).  E’ indispensabile che la diagnosi di malattia di Parkinson sia certa.  Inoltre, ancora oggi si ritiene che l’indicazione ci sia nel paziente che presenta i sintomi controllabili (si veda sopra) poco rispondenti alla terapia farmacologica.  Questi criteri non sono soddisfatti nei pazienti nelle fasi iniziali, per cui ancora oggi si tende ad intervenire più tardi.  Esattamente quando viene deciso a livello individuale, a seconda della sintomatologia del singolo paziente ed il principio che “quando è troppo è troppo”


La discussione è stata seguita dall’intervento di alcuni pazienti nel pubblico, alcuni sono stati molto soddisfatti dall’esito dell’intervento, altri meno.  


Luca è stato sottoposto all’intervento a 44 anni dopo 15 di malattia.  E’ stato molto soddisfatto, perché l’intervento ha risolto una grave distonia che a volte gli imponeva addirittura di stare in posizione fetale.  Unico problemino:  non gli sono ricresciti bene i capelli rasati per l’intervento.


Meno positivo è stato l’esito in un altro paziente che si è sottoposto all’intervento a 55 anni a causa di fluttuazioni e distonia.  Ha avuto un arresto respiratorio durante l’intervento ed è stato necessario interromperlo ed i vari elettrodi sono stati impianti in momenti diversi.  Questo potrebbe avere contribuito all’esito non ottimale della DBS.


Vi sono state segnalazioni di problemi nella sostituzione della batteria, che si esaurisce dopo 3-5 anni a seconda di quanto intensamente viene usato (dipende dai parametri della stimolazione).  In qualche caso l’attesa è stata eccessiva.  E’ chiaro che deve essere il centro a programmare la sostituzione.  A questo riguardo si consiglia ai pazienti di rivolgersi a centri con una ampia esperienza con la DBS, che garantisce i migliori risultati.


Riabilitazione


La discussione è stata preceduta da una presentazione del Dr G Frazzitta.  Egli ha spiegato che nei pazienti parkinsoniani viene persa la memoria dei movimenti automatici. Per esempio, normalmente quando camminiamo le braccia fanno movimenti pendolari automatici, che non avvengono più nei parkinsoniani.  Infatti, questo è uno dei primi segni della malattia.  
La riabilitazione per la malattia di Parkinson si ripropone due obiettivi fondamentale:
1)     Riacquisizione degli automatismi andati persi.  Per es. si usano i cosiddetti “cues” ovvero stimili uditivi o visivi per ricordare ai pazienti movimenti normalmente automatici che deve effettuare volontariamente.  Esistono molte forme di riabilitazione per il Parkinson, alcune impostate in modo da rimuovere la noia, per es. la danza (pe r es. il tango), il tai chi, la box, esercizi con il metronomo.  In ogni modo sono tutti basati sul principio di ricordare al paziente di compiere determinati movimenti.
2)    Aumento della plasticità del tessuto nervoso del cervello tramite esercizi aerobici che migliorano il flusso ematico al cervello e quindi anche l’afflusso di ossigeno alle cellule nervose.
In base a questi principi è stato messo a punto un percorso riabilitativo specifico per il Parkinson, ed intensivo, che prevede, in regime di ricovero ospedaliero, 3 sedute giornaliere ciascuna di circa 60 minuti, 5 giorni la settimana per 4 settimane:  1) Durante la prima seduta il paziente effettua lavoro individuale con un fisioterapista che lo induce a prendere coscienza dei suoi problemi  per quanto riguarda la postura, l’equilibrio e la funzionalità delle articolazioni, proponendo strategie per correggerli.  2) La seconda seduta prevede lavoro con diverse apparecchiature (tra cui, fondamentale è il tapis roulant assieme ai “cues”) scelte apposta per facilitare il riapprendimento della corretta sequenza dei gesti richiesti per compiere determinati movimenti ovvero una rieducazione cognitiva.  3) La terza seduta prevede  esercizi di tipo occupazionale atti a migliorare l’autonomia nelle attività del vivere quotidiano: scrivere, girarsi nel letto, alzarsi da una poltrona, uso di utensili, ecc.  Qualora il paziente abbia problemi di equilibrio vengono inserite sessioni di lavoro individuale in piscina, che permette di eseguire esercizi specifici in sicurezza, mentre nel caso di problemi con il linguaggio vengono inseriti sedute di logopedia secondo il metodo Lee Silvermann.  Sono previste anche sessioni psicoeducative con lo psicologo, prima da soli, poi in presenza del medico e del fisioterapista per fronteggiare eventuali problematiche psicologiche nell’affrontare la convivenza con la malattia.    


Per i ricoveri a scopo riabilitativo presso una delle strutture specializzate nel Parkinson (ospedali di Gravedona, Cernusco sul Naviglio e Trescore Balneario) rivolgersi alla sede di Milano della AIP in via Zuretti, 35.


E’ seguita la discussione con il pubblico.  Le principali risposte fornite sono state le seguenti:
-     La velocità ideale del tapis roulant è tra 2 e 3,5 kg/h  Viene fornito un libretto e fotografie corredate di spiegazioni degli esercizi da fare a casa.  Non costa molto, la catena di negozi Decatlon ha buone apparecchiature a prezzi contenuti
-    La cyclette semplice non serve.  Può servire un apparecchio più complesso ovvero il cicloergometro che segnala se il malato carica di più il peso su un lato (la sintomatologia del Parkinson è asimmetrica), ma si tratta di un apparecchio solo in dotazione a centri specializzati
-    Lo sport da solo non serve.  Gli esercizi devono essere impostati per conseguire i due obiettivi fondamentali esposti in precedenza
-    Continuare a lavorare in fabbrica serve anche per l’allenamento mentale che fornisce
-    Le pedane Wii per l’equilibrio possono essere utili, ma attenzione a non cadere!


Vi sono stati Interventi anche della Dr Rossetti (ospedale di Trescore Balneario), che ha esposto come a Trescore sono previste anche sedute di yoga e sedute con lo psicologo per familiari  e del Dr Mele (Cernusco sul Naviglio), che ha esposto come affrontare il problema della disfagia con interventi sulla alimentazioni ed abitudini a 360° e come con alcuni accorgimenti si può migliorare la qualità di vita dei pazienti.


La sessione si è conclusa affrontando un problema segnalato dal pubblico ovvero la riduzione degli accessi alla fisioterapia permessi dalla ASL.  Pazienti fuori della regione Lombardia (Umbria) hanno fatto presente che altrove addirittura non è previsto nulla per la riabilitazione dei pazienti parkinsoniani.
Il Prof G Pezzoli, Presidente AIP, ha comunicato che AIP sta tentando di risolvere il problema almeno in parte raggiungendo convenzioni con palestre private che ai membri AIP faranno prezzi accessibili.  E’ intervenuto brevemente il Direttore Sanitario della Unità Medica SILOE in via Cesari, Milano, descrivendo il centro, che è dotato di una palestra e di una piscina dedicate esclusivamente alla riabilitazione (e non al fitness).  Questa palestra è già convenzionata con l’AIP.

Progetto Africa


La Dr E Cassani ed il Dr R Cilia hanno dato un breve aggiornamento sui risultati delle ricerche svolte in Africa.


La Dr Cassani ha spiegato che la disfagia è molto meno frequente tra i pazienti parkinsoniani africani. Probabilmente ciò è dovuto alla dieta locale, che prevede una alimentazione più morbida e con una consistenza più omogenea rispetto alla cucina occidentale.  Ha poi dato dei consigli nutrizionali e comportamentali su come gestire la disfagia.


Il Dr Cilia racconta come è stato di estremo interesse osservare pazienti nelle fasi avanzate della malattia mai trattati prima.  In particolare, in alcuni casi le fluttuazioni motorie e le discinesie sono comparse poco dopo l’inizio del trattamento (in un caso addirittura subito), suggerendo che questi fenomeni non siano effetti collaterali a lungo termine della levodopa, ma piuttosto manifestazioni tardive della malattia.  Questo significa che è inutile rimandare l’introduzione della levodopa, lasciando il paziente parzialmente incontrollato, come spesso si fa attualmente.


La Dr Cassani ha esposto brevemente le ricerche in corso sui semi della Mucuna Pruriens, una pianta leguminosa che contiene levodopa e che viene usata nella medicina ayurvedica indiana per curare il Parkinson.  Studi preliminari in volontari sani hanno dimostrato che la levodopa contenuta nella Mucuna viene assorbita nell’intestino, ma l’assunzione del seme può causare effetti collaterali, verosimilmente perché vi è la necessità di somministrare, insieme alla levodopa, anche un inibitore periferico, come avviene nei preparati farmacologici oggi in uso.  Lo scopo di questo progetto è mettere a punto una terapia a costi accessibili, per il trattamento dei pazienti parkinsoniani africani, che non possono sostenere i costi della terapia farmacologica.


FoxTrialFinder


Il Dr Frazzitta è il leader dell’iniziativa FoxTrialFinder, avviato in Italia dalla Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson, che collabora con la Fondazione Americana Michael J Fox ed ha descritto brevemente il progetto.  Lo scopo è di promuovere la ricerca sulla malattia, accelerando il reclutamento di pazienti negli studi.  FoxTrialFinder consiste in una banca dati a cui si iscrivono da una parte pazienti e volontari sani e dall’altra i ricercatori con i loro studi.  La banca dati contiene un software dedicato ad abbinare i soggetti con i criteri di eleggibilità degli studi.  Quando il sistema trova un abbinamento manda un messaggio sia al paziente che al ricercatore (ma senza rivelargli l’identità del paziente per motivi di privacy).  Se il paziente è interessato a partecipare a quel punto può contattare il ricercatore direttamente.
FoxTrialFinder è già attivo in italiano dal mese di novembre 2013.  I pazienti hanno accolto l’iniziativa con entusiasmo  e centinaia di pazienti / volontari sani si sono già registrati per partecipare a studi clinici.  Gli studi riguardano non solo farmaci nuovi, ma qualsiasi tipo di terapia, tra cui anche protocolli di riabilitazione.


SOS Parkinson


Infine la Dr A Zecchinelli, assieme alla Dr M Zini, ha brevemente esposto come procede il servizio SOS Parkinson, una linea telefonica che permette di contattare un neurologo per eventuali emergenze durante il weekend e altri giorni festivi.  La maggior parte delle telefonate avvengono a causa di blocchi motori associati ad ansia, ma è stata ricevuta anche qualche telefonata per vere e proprie emergenze.  Qualora un paziente parkinsoniano debba rivolgersi ad un pronto soccorso il consiglio è di chiamare l’SOS e di passare il telefono al medico del pronto soccorso, che raramente è un esperto della malattia di Parkinson e che potrà avere dei dubbi su come procedere.




 

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Un lascito testamentario per un futuro senza Parkinson